I maggiori trader mondiali indicano stabilità sul prezzo del petrolio

La settimana scorsa i principali trader di petrolio al mondo si sono incontrati a Londra, alla Oil & Money Conference, dove hanno discusso di quali siano le prospettive future per il prezzo del petrolio.

Sul tema si sono espressi anche i principali manager del trading sul petrolio di tre compagnie. Non parliamo di tre aziende qualsiasi, ma di Vitol, Gunvor e Trafigura. Questi tre nomi potrebbero suggerire poco, ma si tratta di aziende che di anno in anno fatturano centinaia di miliardi di dollari (231 miliardi la sola Vitol) facendo trading di materie prime.

Quando degli esponenti così importanti di un settore si riuniscono per parlare dei prezzi delle materie prime che le loro aziende trattano, per tutti i trader privati può essere un buon momento per ascoltare.

Quello che è emerso, tuttavia, non è particolarmente sconvolgente: anche se con opinioni leggermente differenti tra loro, tutti e tre i grandi manager invitati ad esprimersi sono concordi sulla situazione di stallo dei prezzi e sulla sua prosecuzione.

Almeno per il prossimo anno possiamo ancora aspettarci prezzi nel range dei 50$, salvo sorprese che però non sembrano ancora destinate ad arrivare. Ecco che cosa hanno dichiarato i vertici di Vitol, Gunvor e Trafigura alla convention londinese.

Per il momento il metodo migliore per investire sul petrolio rimane quello dell’utilizzo di piattaforme regolamentate e certificate. Ad esempio con 24option (qui trovi il sito ufficiale) è possibile sfruttare i segnali per investire sulle principali materie prime in maniera molto semplice.

Parla il CEO di Vitol

Russell Hardy, amministratore delegato del colosso Vitol, ha avuto modo di approfondire il tema in un panel dedicato alle previsioni sull’andamento dei prezzi per il prossimo anno.

Anche se è alla guida dell’azienda soltanto da un anno, la sua è stata una carriera costellata di promozioni che lo hanno portato ai vertici del colosso svizzero e a maturare una certa conoscenza del mercato del petrolio.

Hardy ha sottolineato che i prezzi rimarranno stabili, almeno secondo la sua visione, per via della continua tensione sui mercati generata dalla guerra dei dazi commerciali. Stati Uniti e Cina hanno dato vita ad una disputa che sta continuando a suscitare incertezza, ed è ancora lontano un accordo che possa definitivamente mettere da parte la questione.

Non solo, ma per il momento stiamo ancora raccogliendo i dati sull’esito di questi dazi. Per questo la voce di Hardy si unisce a quella di tanti altri trader autorevoli che operano sul mercato delle commodity.

Sembra sempre più chiaro che non sia possibile rassicurare i mercati in mezzo ad una disputa commerciale di queste proporzioni.

In ogni caso si parla anche del rallentamento della crescita delle principali economie mondiali, che spaventa a sua volta. Da Stati Uniti ed Europa arrivano dati poco incoraggianti, specie dalle economie avanzate dell’UE. Meno crescita implica, necessariamente, anche un minore aumento della domanda di petrolio.

Nel frattempo, però, l’offerta aumenta di circa 635.000 barili al giorno: abbastanza da rendere pessimisti i top executive delle più grandi realtà petrolifere al mondo. Una posizione analoga, infatti, è quella dimostrata dai manager di Gunvor e Trafigura.

Shell si unisce al coro

Tra i colossi petroliferi non potrebbe mancare anche Shell, con i suoi quasi 400 miliardi di dollari di fatturato annuo. Ben van Beurden, l’amministratore delegato della società, con i suoi 17,2 milioni di dollari di stipendio non è soltanto uno dei dirigenti più pagati al mondo: ha anche una visione molto chiara sull’andamento del mercato petrolifero.

Parlando alla stessa conferenza si è detto concorde con la posizione dei manager aziendali che abbiamo nominato in precedenza, ma aggiunge al puzzle un tassello che fa riflette. Secondo van Beurden, infatti, il mercato si starebbe preoccupando eccessivamente del rischio geopolitico.

Questioni come la guerra dei dazi doganali o le tensioni in Medio Oriente starebbero, a suo giudizio, condizionando i prezzi più di quanto domanda e offerta lascerebbero realmente intendere.

Nel complesso emerge comunque un quadro abbastanza unito, con il fronte dei 50$ al barile ben rappresentato. Se non fosse altro per i volumi smossi da queste aziende nel loro insieme, è probabile che la loro stessa azione possa far avverare le analisi che abbiamo presentato all’interno del nostro resoconto.

Sarà comunque interessante osservare dove si muoveranno i mercati. Per il momento possiamo vedere gli effetti di queste dichiarazioni in atto: a seguito della Oil & Money Conference i futures del petrolio sono tutti diventati ribassisti rispetto al valore attuale di mercato, con i contratti forward a 12 mesi molto prossimi alla soglia psicologica dei 50$ per barile.

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