La portata dello Stato islamico è sempre più di tipo internazionale

L’organizzazione jihadista ha accettato gli impegni di fedeltà da parte di organizzazioni come Afghanistan, Algeria, e la penisola egiziana del Sinai, con la Nigeria di Boko Haram che è l’ultima organizzazione a presentare la domanda di adesione al gruppo militante noto anche come ISIS o ISIL.

Un rapporto uscito Martedì sul New York Times approfondisce forse il più pericoloso avamposto dell’ISIS: Sirte, città portuale libica ad ovest di Bengasi, sulla costa mediterranea, dove l’ISIS ha stabilito un efficace punto d’appoggio.

Un gruppo di circa 1000 combattenti agguerriti controllano i principali punti di strozzatura, e hanno requisito le stazioni radio della città e lanciato attacchi nella zone circostanti. Il gruppo di 21 cristiani decapitati su una spiaggia fuori della città è opera dell’ISIS come tutti sappiamo, che hanno compiuto queste terribili gesta nel mese di febbraio dopo aver attaccato anche gli impianti petroliferi nelle vicinanze.

Inoltre, i combattenti dell’ISIS di Sirte sembrano prendere spunto direttamente dal quartier generale dello Stato islamico in Mesopotamia. “Il contingente qui in Sirte non solo ha assunto il controllo di una grande città libica, ma anche dimostrato un chiaro coordinamento con l’organizzazione madre”, riferisce il Times, citando la raffinatezza e anche la sincronia di propaganda e di messaggistica dei gruppi.

Un’acquisizione ISIS della città di Sirte è un problema enorme per la Libia. Secondo il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti, circa l’80% delle riserve di petrolio recuperabili della Libia si trovano nel bacino di Sirte, un settore che “rappresenta anche per la maggior parte della produzione di petrolio del Paese.”

L’Industria petrolifera della Libia sta funzionando al suo minimo, con le esportazioni limitate a un paio di piattaforme offshore. Le esportazioni sono cadute da quasi 1,5 milioni di barili al giorno nel mese di agosto a 150.000 barili al giorno nel mese di febbraio. E’ una caduta disastrosa dell’export.

La Libia ha la nona più grande riserva accertata di petrolio sulla terra, un motivo di ottimismo dato che il paese avrà almeno le risorse per la ricostruzione dopo la guerra civile in corso, che contrappone i due governi rivali uno contro l’altro e si combatte tra la relativamente brutale forza Islamista e anche i blocchi militanti nazionalisti.

La ricostruzione grazie al petrolio diventa però un task ancora più difficile se l’ISIS è accampato nei pressi di quattro quinti delle riserve. Il radicamento del gruppo terrorista potrebbe anche sollevare timori per la sicurezza di lunga data che spaventerebbero gli investitori stranieri avversi al rischio, soprattutto in un momento in cui il petrolio è più economico e più abbondante di quanto non sia stato in decenni.

L’ISIS ha ancora forza, nonostante stiano perdendo diverso territorio in Iraq e in Syria, e la Libia è una delle soluzioni per permettere al califfato di guadagnare soldi e risorse per tutta l’organizzazione.

L’avanposto di Sirte, dimostra che l’ISIS ha ancora una solida iniziativa strategica, che si estende oltre la Mesopotamia e che potrebbe permettere al Califfato di riuscire a minacciare anche il nostro paese, come specificato nei video del califfato di qualche mese fa.

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