Il referendum ha sicuramente dimostrato chiaramente quale è il voto popolare dei cittadini italiani, ma si è lasciato dietro un’ombra di incertezza economica e finanziaria che gli analisti stanno più volte sottolineando in questi giorni. A fare le spese di un’instabilità governativa potrebbero, infatti, essere proprio le banche, che nel mese di dicembre si stanno preparando a compiere grandi passi e grandi trasformazioni. Si tratta del Monte dei Paschi di Siena che sta definendo l’aumento di capitale e che, molto probabilmente, dovrà congelarlo in attesa di capire la situazione politica del paese, ma anche di Unicredit, che vedrà slittare il suo poderoso aumento al mese di febbraio del prossimo anno.
Rischi e incertezze interessano anche le popolari del paese, che stanno vivendo momenti più che complessi, nel dettaglio la Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca. I due istituti di credito veneti stanno in questi mesi studiando ed elaborando una strategia complessa di fusione, ma devono su tutto estrarre dal proprio bilancio ben due miliardi di crediti inesigibili dal loro bilancio.
La domanda sorge quindi spontanea fra gli investitori e gli esperti di economia, ovvero chi andrà a ad acquistare questi crediti se le turbolenze borsistiche si propongono ancora attive? Ovvero, chi avrà la forza e la volontà di mettere sul piatto del Fondo Atlante un altro miliardo di euro per colmare il gap e sistemare lo sbilancio che deriva da questa pulizia di crediti? La domanda si propone abbastanza problematica, nonché preoccupante alla luce della vigilanza che Francoforte sta effettuando sui due istituti di credito e perché non sono stati esclusi incontri privati con i due banchi popolari, al fine di proporre soluzioni più che drastiche.
I banchi veneti stanno quindi procedendo con la stesura di un plan che possa loro permettere di respirare e di sopravvivere e un primo passo è stato compiuto dal socio unico che ha cambiato il management, facendo entrare l’ex Mps Viola al suo interno. Il banco vicentino sta promuovendo l’azione di responsabilità verso gli ex dirigenti, colpevoli di avere creato il tracollo dell’istituto di credito e ora l’instabilità politica si pone come una sorta di barriera, che non limita i Banchi dalla riorganizzazione interna, ma che potrebbe allungare i tempi di azione a livello nazionale.