Anche se era stato previsto dagli addetti del settore, l’aumento di capitale lanciato dalla Banca Popolare di Vicenza non è stato raccolto e sottoscritto dal mercato entro i termini stabiliti. Quella che era una teoria è quindi diventata una realtà tangibile e il basso numero di sottoscrizioni sta ora mettendo in dubbio lo sbarco a Piazza Affari dell’Istituto di Credito vicentino.
La vicenda economica sta tenendo banco da giorni e solo nella giornata di lunedì si saprà se Borsa Spa accetterà o meno l’arrivo della Banca Popolare di Vicenza, nonostante il flottante sia stato così esiguo. I dati parlano infatti molto chiaro, perché l’offerta si è chiusa con il solo 7,66% dei titoli sottoscritti, una percentuale che ha fruttato il controvalore di 115 milioni di euro. La parte di valore non sottoscritta verrà quindi rilevata dal Fondo Atlante, che viste le poche sottoscrizioni è chiamato a coprire 1.385 milioni di euro al fine di raggiungere matematicamente la quota di 1,5 miliardi di euro richiesta per la quotazione alla borsa italiana dell’istituto di credito.
Ora la quota finale dipende in assoluto dal via libera alla quotazione di Banca Popolare in borsa e, se la concessione avverrà, l’avvio dei negoziati è previsto per la data del 4 maggio, quindi il fondo Atlante si troverà a detenere il 91,72% dell’istituto di credito veneto. Si tratta di una manovra di salvataggio impensabile solo fino a pochi anni fa, considerando che la Banca Popolare di Vicenza era fra i dieci istituti di credito più potenti dell’intero paese. La gestione catastrofica e le truffe perpetrate ai danni dei cittadini che sono avvenute nel corso degli ultimi anni dell’ex gestione hanno quindi minato definitivamente la fiducia dei cittadini e ora solo un piano esterno e controllato può salvare, almeno per il momento, la banca dal commissariamento europeo.