Petrolio, ancora ribassi per via delle scorte americane in aumento

Come tutte le settimane arriva il report dell’Energy Information Administration. Questa settimana l’inventario segna una produzione di altri 3,1 milioni di barili, un dato significativamente superiore alle attese degli analisti. La previsione era di 1,57 milioni di barili, quindi appena la metà dell’effettivo riscontro settimanale. I ribassi non sono tardati ad arrivare.

Già la scorsa settimana i mercati erano rimasti sorpresi dagli alti livelli di estrazione petrolifera. In quel caso, la lettura era stata di 2,4 milioni di barili; le scorte di benzina, in aumento per 500.000 barili, sembravano suggerire una produzione in netto calo per i sette giorni a venire.

Questa settimana il prodotto raffinato segna un –200.000 barili nelle scorte, ma il rapido rimpiazzo degli stock ha prevalso nel determinare la direzione del trend del greggio.

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Effetto Arabia Saudita

Non sono soltanto le scorte americane a dare una spinta a ribasso ai prezzi del petrolio. Due settimane fa, l’inatteso attacco ad una raffineria saudita ha lasciato basiti non soltanto i mercati finanziari. La base produttiva, importante nel mercato locale, ha determinato circa due settimane di tagli alla raffinazione.

Oggi è arrivato l’annuncio di Aramco, la compagnia petrolifera nazionale saudita, che ha annunciato il ritorno ai normali livelli di produzione ed estrazione. Questo dato, aggiungendosi ai riscontri dell’EIA, ha dato una doppia spinta ai prezzi.

Inoltre l’Aramco ha sopperito, in queste due settimane, alla minore produzione acquistando greggio dalle nazioni confinanti. In questo modo tutti gli ordini sono stati evasi normalmente, impedendo ad un picco di nuova domanda di creare rialzi di breve termine lungo il percorso.

Ad oggi possiamo considerare del tutto concluso l’effetto dell’attacco alla raffineria araba, per cui il quadro microeconomico che regola i prezzi del petrolio ritorna alla situazione di due settimane fa.

Ulteriori annunci favoriscono i ribassi

I dati sulla produzione in aumento sono arrivati in un momento particolarmente delicato per l’industria petrolifera, non soltanto in virtù del fatto che l’Arabia Saudita sia tornata ai suoi normali livelli produttivi.

Ci sono almeno altri due fattori che sono emersi nella settimana in corso, con i relativi annunci ufficiali, ed hanno contribuito ad aumentare i timori di un netto eccesso di domanda.

Prima di tutto, la produzione industriale americana si rivela ai minimi negli ultimi dieci anni nell’ultimo mese di rilevazione. Potrebbe essere in parte dovuto alla questione della lotta doganale con la Cina, che in parte ha coinvolto anche l’export verso altre nazioni; i motivi possono essere vari, e probabilmente tutti confluiscono nel dato deludente rilasciato pochi giorni fa.

L’impatto è arrivato con decisione sul prezzo del petrolio, perché una minore produzione da parte di una delle più grandi potenze industriali del mondo significa una minor richiesta di energia e trasporti. Questo danneggia nell’immediato il prezzo del petrolio, basandosi sulla paura che possano venire meno molti ordini nei mesi a venire.

Sempre dal continente americano arriva il secondo annuncio di cui tenere conto. L’Ecuador ha deciso di abbandonare il cartello OPEC, ed ha evaso nella settimana in corso un comunicato ufficiale che stabilisce la data ufficiale dell’addio; già dal gennaio prossimo, la nazione sudamericana non sarà più rappresentata nell’organizzazione dei paesi produttori di petrolio.

La lettura più comune tra gli analisti sostiene che il cartello, imponendo quote di produzione per sostenere i prezzi, sia troppo restrittivo. L’Ecuador, nazione in rapida ascesa, ha bisogno di finanziare la crescita ed ha i bacini petroliferi a fare da traino all’aumento costante dell’industria locale. Da gennaio è molto probabile che l’Ecuador, paese notoriamente amico degli Stati Uniti, si sentirà libero di stabilire la produzione su livelli ben più alti di quelli attuali.

Effetto sui prezzi e previsioni

Alla mezzanotte del 2 ottobre il prezzo del WTI era di 53,99$ al barile, dopo una giornata di timidi rialzi con cui il mese si è aperto. Ormai sembra chiaro che si trattasse di un debole ritracciamento di un trend discendente che, nel complesso, dura ormai da diverse settimane.

Alle 19.00 italiane abbiamo toccato un minimo di giornata a 52,19$, una calo superiore al 3% riscontrato nell’arco di 19 ore. Al momento il prezzo sta ritracciando leggermente, cercando l’equlibrio in un momento difficile per i trend rialzisti.

Le previsioni per la settimana in corso rimangono ribassiste, con una forte attesa per il report della prossima settimana che potrebbe finalmente rivelare un calo della produzione.

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