Il dado è tratto. Italia fuori dalla presidenza Ue

Un veloce gioco di mani, il consolidamento del terzetto baltico e l’Italia della tanto decantata Draghinomics esce fuori, dopo aperti dissidi e scontri sui piani politici.

Sarà che Draghi non risultava convincente o pretendeva di imporre una linea di generosità monetaria, molto simile alla politica adottata dalla Fed (solo che gli Usa sono gli Usa e con la loro sfera di influenza) non condivisa dall’Europa che ha più volte richiamato l’effetto contagio della generosità dai paesi meno deboli ai paesi più forti, ingiustamente deprivilegiati.

Insomma, un’Europa sempre di più imperniata sulla competizione e tanto meno sulla filosofia cooperativa. Quali sia l’origine dei dissapori, in ordine al menu di ricette di policy monetaria, è sicuramente questione da buongustai, dato che qui i manicaretti in tavola non è dato di saperli proprio a nessuno.

E così, al vertice della presidenza dell’Ue non ci sarà più l’Italia, oggi sminuita anche sui principali quotidiani tedeschi che hanno messo sulla stessa barca l’Italia e la Grecia, decretando per entrambe la fine dell’avventura europea e l’imminente situazione deficitaria per tali paesi che sicuramente si troveranno in “corto circuito”, e con l’Europa verso la quale resterà una situazione di debito in valuta forte e con gli altri paesi che non accetteranno certamente una nuova valuta ma preferiranno “mettere le mani”, in tanti altri modi, sulle economie in difficoltà. Il nuovo colonialismo passa per vie monetarie e trascende il malcontento popolare, visto che tale “passaggio” di mani si fa in modo solenne e pressoché silenzioso. A chi è dato sapere dell’accaduto? Solo a pochi, magari chi è al vertice, non investito della stessa influenza decisionale…una sorta di fanta-economia che predomina sulla fanta-politica da fumetti satirici a cui siamo abituati e che per molti di noi rappresenta una delle letture preferite.

Sì, l’economia è la nuova egemonia del potere e forse quella tensione “militare” tra le varie aggregazioni di potere (coalizioni di Stati e nuovo quadro geopolitico) coinvolge, in primo piano, le visioni del mondo, dato che ognuno finalizza il disegno a precisi obiettivi, facendo passare il tutto per l’unica cosa da farsi. Ai vertici politici, intanto, non ci si disabitua ancora al clima da comizio, dando da mangiare ancora ai cabarettisti, ai quali tra poco, su tale versante, resteranno poche briciole se non l’omertà di chi sa e poco o nulla deve far trapelare.

Questa è l’economia: una scienza poco oggettiva in cui il connubio con l’opportunità politica è a livelli elevati, al punto che sarebbe una “manna” dal cielo se finalmente si riuscirebbe, con tale facilità, a liberarsi della “fossa” di interdipendenze che le economie creano e poi schivando, quasi non volendo più monetizzare nuovo debito, nel timore di quel crack che gli altri non salverebbero per nulla…perché lo Stato è un’azienda e di quelle importanti.

L’Is spopola e semina terrore: e tra califfi ed imam si teme che il guardo di un folle spazi oltre i confini di un singolo territorio e varchi i confini internazionali, ponendo gli orizzonti anche su quegli Stati in difficoltà. Terrorismo mediatico, lo si chiamerebbe.

Ma si tratta di quelle fantasie congetturali che in questi giorni, sull’inizio dell’anno popolano la mente anche del miglior economista politico che si sente come se fosse seduto su una polveriera da sparo. Se fossimo dei semplici estimatori della linea Krugman e la penseremmo come Papa Francesco diremo solamente: “Forse hanno ragione, saremo pure di sinistra ma non comunisti, come lo si intendeva tanto tempo fa. Neanche socialisti..semplicemente guardiamo con cognizione di causa tutto quello che ci circonda..e perdonateci se ogni manovra ci sembra quasi intenzionale”.

Quel nesso tra economia e potere che non finirà mai di complicarci la vita concettuale: tra stilizzazioni di pensiero ed attualità economica, c’è sempre il meta-pensiero.

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